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CASA PIANO EUROPEO PER L'EDILIZIA GREEN. PERCHÉ L'ITALIA PUÒ FARCELA

15 maggio 2023   ·  Rivista del 1° Semestre 2023 Studio Casa


Casa piano europeo per l'edilizia green. Perché l'Italia può farcela

La direttiva annunciata dalla Commissione Ue (contestata dal governo) arriva su un patrimonio immobiliare per il 60% di classe energetica tra F e G. Ma i parametri cambieranno: si stima che su 12,5 milioni di edifici solo 3,7 saranno da ristrutturare

Case vecchie, inadeguate e poco efficienti. In Italia il 60 per cento degli immobili si colloca tra la classe F e la G e il 74 per cento è stato realizzato prima dell'entrata in vigore della normativa completa sul risparmio energetico e sulla sicurezza sismica. Dato il contesto di partenza, gli standard minimi di efficienza energetica indicati dall'Ue rappresentano una bella sfida per il nostro Paese.

La proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica degli edifici ha già suscitato una levata di scudi in Italia, malgrado la discussione sia ancora in fase preliminare.

Il testo licenziato dalla Commissione europea a dicembre 2021 prevede che le abitazioni raggiungano almeno la classe energetica F entro il 2030 e almeno la E entro il 2033.

Verso nuove classi energetiche

Ma le classi energetiche a cui si fa riferimento non sono quelle che vengono usate oggi nei diversi Paesi: l'esecutivo Ue propone di assegnare agli edifici un valore che va da A, per quelli a zero emissioni, a G, classe riservata al 15 per cento delle case con le performance peggiori. Tutti gli altri dovrebbero essere distribuiti proporzionalmente tra le classi comprese tra questi due estremi. Secondo questo schema, dei 12,5 milioni di edifici residenziali presenti in Italia quelli da ristrutturare entro il 2033 sono tra i 3,1 e i 3,7 milioni. Meno di quanto ipotizzato da alcune stime preliminari delle associazioni di settore secondo le quali gli edifici non in regola sarebbero circa 9 milioni. Per capire come saranno definite le nuove classi energetiche, in ogni caso, bisognerà attendere il testo finale. Il sistema suggerito dalla Commissione, infatti, potrebbe subire delle modifiche.

La posizione negoziale del Consiglio, ad esempio, propone che entro il 2033 gli edifici residenziali di un certo Paese raggiungano in media la classe D. Il calcolo, quindi, dovrebbe essere fatto sull'intero parco immobiliare e non sul singolo edificio. Mentre la posizione del Parlamento europeo, che sarà sottoposta al voto della Commissione per l'Industria, la Ricerca e l'Energia il 9 febbraio, prevede che gli edifici raggiungano almeno la classe energetica E entro il 2030 e la D entro il 2033.

Negoziato europeo a tre da marzo

Il negoziato tra le tre istituzioni per arrivare al testo definitivo, che poi sarà approvato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale, dovrebbe iniziare a marzo. L'obiettivo è stabilire misure che permettano all'Europa di avere un parco immobiliare a emissioni zero e completamente decarbonizzato entro il 2050, favorendo il miglioramento della qualità dell'aria, la digitalizzazione dei sistemi energetici per gli edifici e la realizzazione di infrastrutture per la mobilità sostenibile. Le case, infatti, sono responsabili del 40 per cento del consumo energetico europeo e del 36 per cento di emissioni di gas serra. «I costi della ristrutturazione energetica - spiega in una nota la Commissione europea - si ammortizzano nel tempo sotto forma di risparmi in bolletta, solitamente molto superiori agli investimenti necessari per migliorare le prestazioni degli edifici». Secondo coloro che criticano la direttiva, tra cui i partiti della maggioranza e alcune associazioni di categoria, l'Italia rischia di essere penalizzata dalle nuove regole.

Il governo ha fatto sapere di essere pronto a dare battaglia affinché le previsioni siano «compatibili con il patrimonio italiano e consentano una riqualificazione adeguata».

Il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, ha sottolineato che «l'onere» dovrà essere mitigato da un quadro di incentivi predisposto dagli Stati con il sostegno Ue. «Il nostro è un Paese a proprietà immobiliare diffusa, a differenza di altri, come la Germania, in cui la proprietà degli immobili è concentrata in pochi grandi soggetti di natura societaria. Imporre gli interventi previsti dalla direttiva vuol dire costringere quasi tutta la popolazione italiana ad affrontare spese ingenti», afferma Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia.

Secondo i dati Eurostat 2020 in Italia il 75,1 per cento delle persone vivono in case di proprietà, contro il 63,6 per cento della Francia, il 59,3 per cento della Danimarca e il 50,5 per cento della Germania. «Da noi», aggiunge Spaziani Testa, «c'è anche una quota molto rilevante di proprietà condominiali. Questo rende più complessa la gestione di vincoli come quelli previsti dalla direttiva».

I tempi stretti, a detta di Confedilizia, potrebbero determinare un aumento dei prezzi dovuto alla difficoltà a trovare materie prime o manodopera qualificata.

«Nell'immediato l'effetto sarà quello di una svalutazione di tutti gli immobili che hanno prestazioni energetiche più scarse», dice il presidente. «Per non parlare delle conseguenze sugli affitti: i proprietari per far fronte alle spese delle ristrutturazioni dovranno alzare i canoni e gli inquilini si troveranno a dover sostenere costi molto più alti».

Secondo l'associazione è necessario garantire agli Stati maggiore flessibilità nell'attuazione, prevedendo delle deroghe che tengano conto delle specificità dei diversi territori.

L'apertura dei costruttori edili

Per l'Associazione nazionale costruttori edili (Ance) la direttiva rappresenta un'occasione per introdurre un piano strutturale per la riqualificazione degli immobili del nostro Paese. Il problema sono le risorse e le modalità. «Si va nella direzione di una scelta ambientalista e su questo non possiamo che essere d'accordo. Ma dobbiamo chiedere all'Europa di tener conto del fatto che l'Italia rappresenta un unicum nel panorama europeo: ha un patrimonio vetusto, una proprietà privata molto parcellizzata e regole che rendono difficile agire nei centri storici», spiega la presidente dell'Ance, Federica Brancaccio. «Dobbiamo chiedere fondi e tempi diversi per affrontare questa transizione. Noi chiediamo da tempo al governo di lavorare su una politica industriale di settore di lungo periodo. Non è pensabile affrontare questo piano di efficientamento energetico senza degli aiuti di Stato».

Secondo l'Ance bisogna soprattutto evitare gli errori fatti con il Superbonus 110%. «Le regole sono cambiate troppe volte, poi c'è stato il blocco dell'acquisto dei crediti. Tutto questo è da evitare, cittadini e imprese hanno bisogno di certezze: servono regole chiare e controlli seri», sottolinea Brancaccio. Per quanto riguarda gli interventi nei centri storici, altro tema molto discusso nelle ultime settimane, la presidente dell'Associazione dei costruttori edili ricorda: «Dovremmo fare una distinzione tra centro antico e centro storico. All'interno dei centri storici ci sono tanti edifici che si possono riqualificare. Oggi ci sono tecnologie molto evolute che assicurano un basissimo impatto ambientale e ottimi risultati in termini di efficienza energetica e diminuzione dei consumi. Bisogna contemperare la salvaguardia della bellezza con la necessaria attenzione all'ambiente».

In proposito va ricordato che la proposta di direttiva presentata dalla Commissione europea prevede una serie di deroghe per gli edifici protetti o di valore storico, per i luoghi di culto e anche per le abitazioni utilizzate per meno di quattro mesi l'anno. La stessa definizione di immobile storico sarà stabilita dai singoli Paesi.

I due stati più virtuosi della Ue

Alcuni Stati, come Francia e Paesi Bassi, hanno già anticipato la direttiva Ue introducendo regole molto più rigide di quelle in discussione a Bruxelles. «In questi Paesi c'è una maggiore sensibilità sul tema dell'efficienza energetica», evidenzia Marco Tilesi, ceo di Century 21 Italia, ramo italiano del colosso americano del real estate. 

«La Francia ha avviato un ambizioso piano di efficientamento energetico del suo parco immobiliare e ha introdotto un divieto di locazione per le case più energivore». Dal 2025 non potranno più essere affittati gli alloggi di classe G, dal 2028 quelli di classe F e dal 2034 quelli di classe E. «Anche nelle Fiandre esistono vincoli molto stringenti. I nostri partner ci hanno spiegato che, secondo la normativa locale, tutti gli immobili residenziali di classe E che vengono venduti devono essere ristrutturati entro 5 anni dall'acquisto per arrivare almeno alla classe D.

Chi disattende questo obbligo viene multato», aggiunge Tilesi.

150 miliardi dal bilancio dell'Europa

Secondo il ceo di Century 21 Italia la direttiva Ue rappresenta un'opportunità di crescita e un'occasione per creare nuovi posti di lavoro, se accompagnata da fondi e risorse adeguate. La Commissione europea nella sua proposta ha spiegato che punta a mobilitare 150 miliardi di euro del bilancio Ue da qui al 2030. Le fonti di finanziamento a cui gli Stati membri potranno attingere sono diverse: Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo di coesione, risorse del Pnrr e Fondo sociale per il clima.

COSA FARE

Cosa bisognerebbe fare per migliorare di due livelli la classe energetica di una casa come proposto da Bruxelles?

Gli interventi sono gli stessi del Superbonus 110%.

A partire dal rifacimento del cappotto termico, che limita la dispersione di calore. Un altro intervento è la sostituzione dell'impianto termico con caldaie a condensazione di classe A, pompe di calore oppure con caldaie a biomassa.

Esistono poi i cosiddetti lavori “trainati”, come la sostituzione dei serramenti, purché consenta di migliorare ulteriormente le prestazioni energetiche della casa Un altro intervento “trainato” è l'installazione di impianti fotovoltaici e sistemi di accumulo. 

La Commissione europea ha più volte precisato che, per raggiungere gli standard minimi, non sarà in ogni caso necessaria la ristrutturazione completa.
Tratto da www.sette.corriere.it del 7 febbraio 2023

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